Inotuzumab Ozogamicina, un anticorpo monoclonale anti-CD22 nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta
Uno studio di fase II ha mostrato che più della metà dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta ha raggiunto gli endpoint di risposta globale dopo trattamento con Inotuzumab Ozogamicina.
Inotuzumab Ozogamicina ( CMC-544 ), un anticorpo monoclonale anti-CD22, è stato valutato in 90 adulti e bambini con leucemia linfoblastica acuta, refrattaria o recidivante.
I ricercatori hanno assegnato in modo casuale 49 pazienti a una singola dose per via endovenosa di Inotuzumab ( 1.3-1.8 mg/m2 ogni 3 o 4 settimane ). Gli altri 41 pazienti sono stati assegnati a Inotuzumab, somministrato a cadenza settimanale, alla dose di 0.8 mg/m2 il giorno 1 e alla dose di 0.5 mg/m2 nei giorni 8 e 15, con ripetizione ogni 3-4 settimane.
Dei 90 pazienti trattati, il 68% era in ciclo di salvataggio 2 o superiore.
E’ stato riportato un tasso di risposta globale del 58%. Il 19% dei pazienti ha dimostrato una risposta completa, il 30% ha presentato una risposta completa senza recupero delle piastrine, e il 9% aveva una risposta completa a livello del midollo osseo senza recupero della conta delle piastrine o dei neutrofili.
La singola dose di Inotuzumab ha prodotto un tasso di risposta del 57%, contro il 59% per la dose settimanale.
La sopravvivenza mediana è stata di 6.2 mesi per l'intera coorte, ed è stata di 5 mesi nella coorte trattata con una singola dose e di 7.3 mesi nella coorte con somministrazione settimanale.
I pazienti nel ciclo di salvataggio 1 hanno presentato una sopravvivenza mediana di 9.2 mesi ( tasso di sopravvivenza a 1 anno, 37% ). La sopravvivenza è stata di 4.3 mesi per i pazienti nel ciclo di salvataggio 2, e 6.6 mesi per quelli del ciclo di salvataggio 3 o successivo.
La durata media della remissione è stata di 7 mesi.
La dose settimanale è risultata associata a una minore incidenza di eventi avversi, come aumento reversibile della bilirubina, febbre e ipotensione.
Trentasei dei 90 pazienti ( 40% ) sono stati sottoposti a trapianto di cellule staminali allogeniche. Nel complesso, il 17% è andato incontro a malattia veno-occlusiva dopo trapianto di cellule staminali. Tuttavia, questo si è verificato meno frequentemente tra i pazienti assegnati al gruppo settimanale ( 7% ).
Fonte: Cancer, 2013
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